Fa impressione guardare a questa nostra epoca che più di ogni altra ha condotto la mercificazione e la quantificazione della realtà a livelli di raffinamento mai nemmeno immaginati in passato.
Tendenzialmente, tutto si parametra sulla misura del denaro. Ogni aspetto del reale viene soppesato in base al suo prezzo. A partire dagli oggetti veri e propri, che offrono l’esempio metodologico, il “paradigma operativo”. Per finire ai sentimenti, alle emozioni, a tutte quelle componenti più nascoste che un tempo sfuggivano alla catalogazione quantitava, e rimanevano di pertinenza del “mistero interiore”, nucleo della personalità e dell’identità di ogni individuo.
Ma in tutto questo, ciò che fa ancora più impressione è come, per ottenere un simile scopo iper-razionalizzante, si faccia leva a piene mani sugli aspetti più irrazionali dell’uomo: la paura, la morbosità, la sete di conoscere quanto siamo torbidi dentro, caotici e irrisolti.
Ecco allora che spuntano come funghi, programmi televisivi completamente incentrati sulla macelleria sentimentale. Vere e proprie macchine disumanizzanti, che fanno leva sul banalissimo, ma orrifico meccanismo, riassumibile nella parola d’ordine: “…Raccontiamo alla gente, quello che la gente vuole sentirsi dire…Diamole quello che vuole avere…”. E se la gente vuole il cadavere fatto a pezzi, ritrovato in un lago di sangue, noi glielo diamo in pasto. Se vuole sentirsi dire che l’assassino si è accanito con efferata violenza, il numero delle coltellate, gli indumenti intimi della vittima, se c’erano tracce di sperma, i dettagli dell’autopsia, e ogni possibile sfumatura del macabro…noi glielo diciamo…
La gente vuole tutto ciò e noi glielo diamo: ritorniamo a far morire ammazzata di morte violenta la povera vittima, ancora e ancora. Ramazziamola dieci, cento, mille volte di nuovo, nel tepore virtuale dei salotti di casa.
Martoriamo e maciulliamo i resti del suo ricordo come un materiale qualunque, sino a ridurre persino gli ultimi scampoli della sua identità a una poltiglia ormai deprivata di ogni rispetto umano, che si amalgama benissimo con tutte le merci poi reclamizzate nelle frequenti interruzioni pubblicitarie. Trenta coltellate s’intonano perfettamente all’eco del rombo della tua macchina dei sogni; un colpo sparato a bruciapelo è perfetto col profumo da cento euro alla goccia; lo stupore del vicino di casa del carnefice è ottimo, accompagnato da quattro fette di prosciutto cotto…
Di modo che, quando la gente si ritroverà bella e bollita da cotanto apparato ottundente, alla fine si comprerà tutti i nostri pannolini del cazzo e le merendine di merda del mondo. E senza fare tante storie su, che qui stiamo cercando di far girare l’economia, per favore…
Sporca gente di merda che non sei altro: ma cosa ti credevi di essere? Un insieme di persone con un pensiero proprio? Eh, no, cara la mia gente di ‘sta minchia, povera illusa: tu sei solo un tubo digerente. E poche storie allora: mangia, digerisci e caga, che quello soltanto t’è concesso di fare!
3 - Nel paese di Calafato, tutti accettano il proprio stato di impermeabilizzazione come un segno del destino disceso dall'alto, e poi insieme festeggiano scambiandosi baci catramosi...
La piccola serie di dieci “mini-romances” per il momento finisce con la storiella di oggi. Conto di riprendere più avanti a proporvi altre leggere stalattiti di giocosità narrata. Nell’attesa che nuove idee mi sboccino in zucca, da domani inizio con un’altra baraonda di fanfaluche a basso dispendio intellettivo. La sequela di queste piccole frasi folli, l’ho voluta intitolare “Le città invivibili”.
Ci tengo molto però a non essere frainteso: il riferimento a Italo Calvino vuole avere soltanto il sapore di un piccolo cenno affettuoso dai toni buffi. Non c’è assolutamente volontà canzonatoria…Ci mancherebbe altro: adoro Calvino ai limiti estremi della mia meraviglia di lettore, e non mi permetterei mai di mancare di rispetto alla sua opera, e tanto meno a lui.
“Le città invivibili” sono un balzo maldestro nell’idiozia pura. Ho preso di volta in volta parole di ogni natura. Sembrava quasi che mi corressero alla mente di loro spontanea volontà. Mica le chiamavo io: arrivavano loro senza bussare, irruenti, festose e burlone. Più che alla mente, mi saltavano in bocca. Io non ho fatto altro che stiracchiarle, biascicarle, succhiarle, leccarle e alla fine le ho risputate fuori sotto forma di bislacche mutazioni semantiche.
Dunque, come vi avevo già preannunciato, mano ai pomodori (da lanciare a me…) e vai…andiamo a cominciare: Le città invivibili!!!...
Il tonfo familiare. La borraccia di cuoio semipiena era caduta ancora una volta, sull'acciottolato del cortile. Jimmy ascoltò soddisfatto il botto rassicurante. Da mesi ormai posava quel cilindro infrangibile sul moncone di muretto, appena sotto la finestra. Ci aveva messo dentro l'acqua giusta perché reggesse le brezze lievi. Il porticato tutto intorno, come una grossa vela lignea, garantiva un buon margine di equilibrio. Solo le ventate più vigorose riuscivano a creare l'oscillazione, e poi, nel caso, il crollo al suolo. Succedeva spesso in piena notte. Varie volte Jimmy era sceso con la lanterna in mano, a guardare la borraccia per terra, contemplandola nel vento che s'infilava vigoroso in ogni spiraglio del pigiama. Quella sera rimase nel letto. Al mattino, se il vento si fosse placato, l'avrebbe posata di nuovo sul muretto. Abigaille, coricata lì a un tiro di carezza, non era stata distolta dalle praterie senza steccati del suo sonno denso. Jimmy non lo aveva mai rivelato a nessun altro, il rito della borraccia. Lei era stata la prima. Quel respiro profondo, soddisfatto, ritmato sulla scansione d'una lunga pazienza calda, gli confermava di non essersi sbagliato. Il respiro di Abigaille, cugino primo con l'alitare del vento...
Aprile è il più crudele dei mesi; Maggio è forse anche peggio; contro Giugno, ci sbatti il grugno; Luglio, sul ditone ti cala il maglio; da Agosto, esci fuori un po' pesto; Settembre non è poi così salubre; Ottobre, scassaminchia celebre; Novembre è un campanone coperto di brina, incapace di azzeccare una rima; con Dicembre, gelano persino le tenebre; Gennaio t'infila le palle nel salvadanaio (che poi è tirarle fuori il vero guaio); Febbraio non è mica poi tanto gaio; Marzo si finge terzo, ma a lui di gran disgraziato va il vero primato...
La musica sinfonica o puramente strumentale in genere, così come l'astrattismo nell'arte figurativa, suscitano un certo qual senso di smarrimento. Un po' come da piccoli, nell'affrontare per le prime volte lunghi testi scritti senza il soccorso concreto di figure o fotografie a commento iconografico del tutto. La concretezza rassicura, la vasta distesa dell'immaginabile incute senso di incertezza. Nel primo caso siamo tutelati dalla suggestione altrui, nel secondo veniamo chiamati a muovere passi creativi in autonomia.
In qualche modo, la differenza è la stessa che passa fra un'infatuazione epidermica e un amore maturo. Nella passione di superficie, la necessità di ancorarsi alle "figure" fa parte delle ragioni stesse secondo le quali un contatto sussiste. L'innamorato di profondità conosce invece la mappa sinfonica delle qualità più intime della persona amata, si muove in essa con rinnovato stupore e ogni nuovo avventurarsi fra quei meridiani e paralleli ha il profumo di un ritorno a casa. Solo una volta assaporata quella profondità, un amore può dirsi tanto adulto da concedersi il lusso di tornare a guardare soltanto le figure, in ritrovata, bambinesca gioia.
Perché, caro lettore, pretendi che io scriva una storia eccezionale, in cui accadano eventi straordinari, dove si scambino dialoghi ineccepibili e tutto si svolga in una coerenza narrativa precisa al millimetro, quando nella vita di ogni giorno, il più del tempo é fatto di noia, le cose succedono senza un filo conduttore e tutti parlano per frammenti dispersi? E per di più, dovrei fingere di calarmi in una "drammaturgia" della realtà appositamente costruita. Dovrei parlare usando l'imperfetto, facendo come se quelle cose fossero davvero state...
Ti racconterò invece di Standar Dina Mesotipo, impiegata alle poste, sportello "Pacchi/e raccomandate". E di come un giorno si presentò allo sportello Normilio Equipari, chiedendo di ritirare una "pacchia" in arrivo da Trastullenberg, per la quale disponeva di regolare notifica. La pacchia era stata spedita dal professor Burlario Scherzonovich, docente all'università di Trastullenberg, dove reggeva la cattedra di "Canzonatura Applicata e storia medievale di Presa per il Culo".
Standar Dina non aveva mai udito in vita sua una serie di stramberie simili. Con gran riluttanza, quasi a non turbare l'incanto, suggerì a Normilio che forse c'era stato un equivoco. Ma solo forse.
Normilio le rammentò che si trovavano pur sempre dentro a una storia romanzata: avrebbero potuto ribellarsi al narratore e fare quel che volevano. Decisero dunque che nella loro storia si poteva vivere senza mangiare, si mangiava solo per il piacere di farlo. Decisero che potevano innamorarsi e smettere di esserlo quando volevano; che avrebbe fatto notte o giorno a seconda del proprio capriccio; che si poteva fare l'amore per giorni filati senza essere mai sazi; che gli uomini potevano mutarsi in donna, e viceversa, a ripetizione e senza mai sosta. Nelle loro fantasticherie, erano quasi giunti a decidere di spedire una lettera all'autore di queste righe, piena di insulti colorati e scherzosi, quando dal retro dell'ufficio, inopinatamente si affacciò il direttore, annunciando con sgomento a Standar Dina che era arrivata pocanzi una pacchia raccomandata da Trastullemberg...
Il ragionier Esselungo Conad-Cooppi si era innamorato pazzamente della cassiera di supermercato Carrellina Di Meglio. La loro passione era però avversata dai genitori di lei: papà Carrefour Di Meglio e mamma Corsia Dei Detersivi. La ragazza non si dava pace, versando calde lacrime fra le braccia di Esselungo.
- No woman no Crai...la rincuorava lui canticchiando.
- Ah, come si soffre con questa Eurospin nel cuore - gli faceva Eku Carrellina - se proprio dobbiamo pagare un prezzo così alto, passiamo almeno dalla cassa rapida...
- Ikea!!! - riprese Esselungo - sai cosa ti dico? Ibs il despotismo familiare! Fuggiamo lontano da qui, approdiamo ad altri Lidl, ben oltre l'immensa distesa d'acqua dell'Auchan...
- A&O!!! - proruppe in un moto di stupita gratitudine Carrellina - Che trovata geniale, proprio Billa, hai tutta la mia Sigma, sei tu l'uomo giusto per mettere su Famila! Partiamo subito! Anche a costo di rimetterci le Penny!
Si procurarono allora Despar di scarpe e presero il largo sulla loro Iper barchetta. Viaggiarono per i sette mari di MediaWorld, finché non avvistarono una Comet risplendere fulgida sopra una dolce Ebay incantata.
- Amazon! Che bel posto! - esclamarono all'unisono, e lì costruirono la loro capanna d'amore, anche se in tasca era rimasto loro solamente Unieuro...
Tanto che alla voce narrante non rimase che concludere: - Tutto è Bennett quel che finisce Bennett!
Da tempo immemore il ragionier Esselungo Conad-Cooppi non apriva la tapparella di quella polverosa stanza, in cui aveva fatto l'amore per l'unica volta nella sua vita. Quel giorno provò a sollevare la cortina. Un cigolio tremendo mugugnò dal fascio di stecche, mentre la fettuccia scorrevole si lamentava nella massima tensione. Attraverso i miseri spiragli che riuscì a far sortire, Esselungo intravide una giovane mamma intenta ad allattare il suo piccolo, nel riquadro di finestra del palazzo a fronte. Fece appena in tempo a scorgere ancora la testolina del pupo che si scostava sazio dal generoso globo della tetta; colse lo sfolgorio del grande lampo pendulo oscillare vinoso e pigro; ristette sul vacillare della greve punta nivea d'un lauto gocciolone di Damocle...quando la fettuccia si schiantò all'improvviso, e l'avvolgibile ricadde con fragore, portandosi dietro tutta una sofferenza di anni.
- E mi è andata ancora di lusso che non c'avevo sotto le dita...Concluse malinconico Esselungo...
Fra le genti del regno di Documentia, spesso le labbra degli anziani, nel loro profondo raccontare, accarezzano ancora stralci di leggenda rievocanti le gesta sensuose di Rosuberta Usquarni Motoruacchio, la donna più odorosa di ogni epoca. Infiniti sono i portenti narrati sul conto dell'olezzante talento di Rosuberta, ma forse insuperato rimane il mito di un suo certame erotico iperbolico.
Per dieci giorni e quindici notti filate, Rosuberta aveva battagliato le dolci scaramucce del talamo con Protruvio Smargiassoni De Filomenis Terzo, uno dei pochi amanti in grado di reggere quella superba possanza aromatica d'estasi femminea. Si era sul finire di Gennaio, fuori era ghiaccio e gelo per ogni dove. All'alba dell'undicesimo giorno, mentre Protruvio giaceva esausto sul letto, Rosuberta s'avvicinò alla finestra e socchiuse lievemente vetri e imposte. Per effetto dell'effluvio sprigionato dal suo aulente corpo sulla natura circostante, nella raggiera di un miglio intorno, tutto fiorì con inusitata virulenza: dai tigli sbocciò la buganvillea; i meli espettorarono abnormi ciliegie; le viole del pensiero si espressero in fogge e colori così articolati da dare vita a una nuova corrente filosofica; il mais esplose in pannocchie simili a grossi siluri zigrinati; una quercia secolare si mutò in sempreverde, stillante ghiande mini-falliche; mentre dalle fronde del lungo filare di gelsi, grazie all'immediato lavorio di super bachi tessitori, prese a prorompere una rigogliosa infiorescenza di mutandine e reggiseni di seta, già tessuti e confezionati, con un flessibile ramoscello di salice, incorporato in luogo del ferretto!
Soddisfatta, Rosuberta sbirciò per qualche istante il vigoroso spettacolo. Si annusò furtiva un'ascella compiacendosi della propria speziata energia. Spalmò una vigorosa alitata gentile sullo stipite dello scuro, dal quale cigolò fuori subitaneo un profumato virgulto di cappero. Richiuse la finestra e si tuffò di nuovo nel letto a respirare nel sonno di Protruvio, mentre fuori iniziavano a riecheggiare i primi suoni di trebbiatrice mai uditi nel mese di gennaio fra le genti di Documentia. Da allora in avanti, quel miglio circolare di terra del regno di Documentia venne chiamato Nuova Sensualonia. Nessuna coppia di umani, animali, vegetali o sassi può più addentrarvisi senza cadere in stato di folle e sfrenato innamoramento vicendevole...(perché, si sarà chiesto l'attento lettore, dieci giorni e quindici notti? Semplice: la celestiale portanza odorosa di Rosuberta, nell'epico lasso di giornate, aveva suscitato anche alcune eclissi totali di sole)...
Un articolo, un nome, un verbo e un aggettivo male assortiti, camminavano insieme nel bosco, mano nella mano. Non avevano niente in comune, non concordavano in nulla, né come senso, né come rispettive forme. Però erano amici, e tanto bastava loro. Strada facendo, incontrarono un avverbio, una preposizione articolata e un pronome dimostrativo, altrettanto scompagnati e fuori registro. L'armonia, l'intesa, l'affiatamento, regnarono tuttavia immediatamente fra di loro. Decisero di diventare inseparabili e da allora si aggirano giocosi per il mondo. Si fanno chiamare la "allegra confraternita degli amici filo-sgrammatici", e a chiunque li incontri, dichiarano: - Un cani levatevi nelle sommariamente codeste inspessito!
- Siamo scampati alle vampe del camino, ma quanti culi ci tocca reggere...Così pensavano perplessi i legni della sedia.
- Avremmo potuto esser sontuose credenze nei migliori salotti, o eleganti comò nelle stanze da letto più raffinate, e invece sopportiamo pignatte bollenti e macchie d'unto a colazione, pranzo e cena...Si crucciavano fra sé e sé le nobili assi di noce della cucina.
- Che triste destino dover far da tramite tutto il giorno a questi rozzi transiti...Mestamente considerava la tavoletta del water.
- Stolti! Ingrati! Assolutamente non si rendono conto. Non si rendono davvero conto...Concluse indignato lo scovolino della tazza del cesso...
L'innamorato, proteso verso il balcone fiorito dell'amata riottosa, si stracciava l'anima sciorinando disperate promesse dal sapor trascendentale:
- Sono disposto persino a morire per te.
- Molto nobile da parte tua, ma saresti disposto anche a vivere per me? - rispose lei con enigmatico filosofema.
Al figurarsi l'impervia sfida, l'innamorato si mutò per letterale metamorfosi in emigrato. Su una spiaggia dell'isola di Martinica, fa ora della nostalgia il suo nuovo mestiere, vendendo cocco ai turisti per arrotondare la struggente mesata...
Lo scrittore...novello Carneade o adusato Josef K...chi sarà mai dunque costui? A esser sincero, se proprio me lo chiedeste, non ve lo saprei dire. Solo un'ultima cosa, tuttavia, credo si possa aggiungere: lo scrittore è colui che sa comprimere secoli, se non addirittura millenni, nella fugacità dell'istante, convincendo il lettore, col suo gioco di prestigio, di avergli fatto assaporare, nella parola scritta, l'estensione indecifrabile dell'eterno...
Prosegue l’avventura modaiola di Kika nel regno delle fiabe, e di conseguenza anche la mia rubrichetta incrociata, “Le muse di Kika van per pensieri”, prova a dire qualcosa in merito. Oggi Kika ha scelto un classico fra i classici della tradizione favolistica: la Bella Addormentata nel bosco. In particolare, vediamo l’eroina di questa favola nell’interpretazione di un’interessante illustratrice tedesca, Sulamith Wulfing (1901-1989).
Dalle poche notizie che sono riuscito a carpire su questa artista, dev’esser stata una tipa non poco originale. Innanzitutto, visto il nome misterioso di per sé, non è stato così banale capire che si trattasse di una donna. Pare poi che sin dalla tenera età andasse soggetta a visioni di varie entità fantastiche, angeli, gnomi, fate, e così via. Frequentò la scuola d’arte di Wuppertal, dove si diplomò nel 1921, e dove conobbe anche il suo futuro marito, Otto Schulze, un professore dell’istituto. Insieme, alcuni anni dopo, fondarono la casa editrice “Sulamith Wülfing Verlag”. La vita artistica di Sulamith Wulfing fu segnata molto duramente dalla Seconda Guerra Mondiale: la città di Wuppertal venne colpita da pesanti bombardamenti, nei quali rimase distrutta anche la casa della pittrice, con la perdita di molti suoi lavori.
Al di là dei rapidi cenni biografici, che possono offrire un fondale generico alla sua poetica, è molto più interessante osservare l’opera di oggi, dedicata alla celebre fiabesca fanciulla dormiente. Questa immagine conferma splendidamente un fatto: l’arte rappresenta sempre un discorso lunghissimo e profondo capace di attraversare i secoli. E se si ha una discreta idea di come nel passato è stata di volta in volta “presa la parola” nel contesto di questo discorso, diventa esaltante, ammirando nuove immagini, andare a ricostruire i tasselli del “ragionamento artistico” globale, sempre rivisitato, rinfrescato, reinterpretato.
Immaginiamo tutti gli artisti di tutte le epoche, riuniti intorno a un focolare: ciascuno dice la sua idea, cercando di non ripetere quelle già dette da altri, ma, pur partendo sempre dalle cose già dette, apporta un nuovo punto di vista, rielabora e aggiunge nuove sfumature, e nei casi eccezionali, rivoluziona il linguaggio stesso del racconto intorno al fuoco. Ci sono artisti grandi e piccoli: i primi, saranno quelli che espongono i punti più importanti della conversazione generale; i secondi, assorbiranno di riflesso “saggezza estetica” dalle parole dei grandi, inserendosi in tono minore nel ragionamento. Infine, che si sia grandi artisti, oppure piccoli, non si può mai mettersi a parlare senza tenere conto di tutto ciò che è stato detto fino a quel momento.
Questo vivace focolare è la storia dell’arte.
Mi spiego meglio con esempi diretti, applicati all’opera in questione. In questa Bella Addormentata di Sulamith Wulfing, si possono cogliere influenze chiare di diversi maestri del passato. Il gelo e la malinconia del mondo esterno, privato della vitalità della Bella sonnacchiosa, sono evocati da quel paesaggio invernale che pare uscito da un quadro di Pieter Bruegel (1525-1569) [Nella figura di Bruegel che riporto, “Il censimento di Betlemme” (1566)].
L’ambiente in cui il sonno della Bella viene custodito, si caratterizza per un misto di valori visivi, che rendono l’atmosfera colma di preziosità, ricercatezza, finezza dei dettagli, eleganza dal sapore orientaleggiante, regalità, ma anche arricchita di toni fantastici, surreali, o forse sarebbe meglio dire, coniando uno zoppicante neologismo per l’occasione, “sopra-reali”. Come fa la pittrice tedesca a raccontarci tutto questo? Prende a prestito dai grandi maestri i loro rispettivi “discorsi” e li fa propri nella sua opera, li declina a sua volta in un racconto nuovo.
Ecco allora che possiamo riconoscere chiari accenni alla finezza aurea di Gustav Klimt (1862-1918) [esempio: il “Ritratto di Adele Bloch Bauer” (1907)]; oppure, riferimenti alla raffinatissima trama di eleganza estatica peculiare della poetica di da Carlo Crivelli (1430-1495) [esempio: “Annunciazione di Ascoli” (1486)]; o ancora, in particolare nella parte destra dell’immagine (dove il moccolo di candela crea una fioca luminosità, ascendente poi verso le decorazioni del tendaggio a forma di curiosi “cuori bizantineggianti”), si assapora in pieno il senso giocoso della religiosità fantastica di Marc Chagall (1887-1985) [esempio: “Compleanno” (1915)]. Nel volto della Bella poi, sono chiari i richiami al platonismo malinconico delle dame di Sandro Botticelli (1445-1510) [esempio: il “Ritratto di Simonetta Vespucci” (1476 circa)].
Insomma, quest’opera ci rassicura ancora una volta riguardo al fatto che l’arte altro non è altro che un lungo e bellissimo racconto, al quale ciascuno può prendere parte, dicendo la sua, se sa disegnare o dipingere, oppure anche soltanto divertendosi a dipanare la matassa della narrazione come entusiasta osservatore-ascoltatore-lettore.
Passando invece alla mia usuale indagine sulle somiglianze celebri, ho trovato oggi due volti che potrebbero essere assimilati a quello della Bella Addormentata di Sulamith Wulfing. Forse non sono molto calzanti, ma a mio avviso risultano parecchio stuzzicanti dal punto di vista del mistero femmineo-fisiognomico.
Il primo volto l’ho sempre trovato di una dolcezza estrema, anche perché è associato a tante sue canzoni egualmente suadenti e melodiose:
Se vi dico che si tratta di Agnetha Fältskog, forse non sarà sufficiente per spiegarmi, ma se aggiungo “la biondina degli Abba”, son certo di venir compreso da tutti.
Ugualmente famoso anche il secondo volto:
Questa è Nicole Kidman, quasi non c’è bisogno di dirlo.
Concludo così anche questa puntata di “Le muse di Kika van per pensieri” e vi ricordo di fare una visita al blog di Kika, dove potrete scoprire ancora una volta le sue briose magie modaiole, giocate oggi intorno al personaggio della Bella Addormentata.
E con domani saranno cento e una. Parlo delle frasi dello scrittore. Quella che pubblicherò stasera, a cavallo della mezzanotte (com’è ormai mia consuetudine da qualche tempo), sarà anche l’ultima.
Perché cento e una, e invece non qualcuna di meno o qualcuna di più? Non ve lo so dire. In qualche modo, questa bella (almeno per me) avventura doveva chiudersi e il centinaio mi è parso un buon gruzzolo. Prima che le frasi diventassero troppo slavate. Prima che il gioco andasse troppo oltre, smarrendo anche la minima parvenza di divertimento.
Ringrazio tanto ancora una volta chi ha seguito con simpatia questo mio esperimento fatto di pensieri e foto. La cosa ebbe inizio il primo novembre. Son più di tre mesi fa. A me sembrano tanti. Forse saranno pochi. Presumo, però, sufficienti.
Niente paura, ad ogni modo (oppure: piena paura…a seconda dei punti di vista). Continuerò a scrivere cosette svariate. Ho pronte alcune piccole storie, che ho voluto chiamare “mini-romances”: sono anche queste brevi costruzioni narrative, micro-saggi micragnosi, tendenti più al giocoso che altro.
Poi mi inoltrerò in una nuova serie, intitolata “Le città invivibili”. Vi avviso fin da ora: premuratevi di una gran quantità di verdure, ortaggi, frutta marcia. Ce ne sarà da lanciare parecchia, ovviamente addosso a me. Potrete assistere alla più rutilante gragnuola di vaccate e freddure che vi sia mai capitata sott’occhio.
Ma anche questo è il bello dello spirito delle nutrie.
Lo scrittore s'immerge nella scrittura perché solo lì gli è concesso di sperimentare eventualmente forme di radicalità pura: può giocare a fare equilibrismi stando in bilico sul tutto; può forzare la propria monelleria sino a sbirciare sotto le gonne del nulla; può tendere il filo del ragionamento come una corda di violino; tutto questo senza avere mai la certezza assoluta che sfracellarsi fra le parole, ricevere un ceffone dalle proprie frasi, o beccarsi una fiondata espressiva di ritorno in un occhio, siano esperienze meno dolorose delle corrispettive reali...
Uno dei territori più ambiti dallo scrittore è quello in cui la natura sequenziale delle parole si tramuta per incanto in simultaneità: giunto a quel punto, il suo racconto smette di esser fatto di "prima" e di "dopo", per divenire un arcobaleno di "adesso" tutti diversi fra loro, e compresenti, e riecheggianti a vicenda in un polifonico riverbero reciproco...
La scrittura è movimento, essenza dinamica, energia cinetica sublimata in frasi; chi non sa sintonizzarsi sulla frequenza di questa verità, non può dirsi scrittore, perché si comporta come un tizio che, fra i suoni, le luci e la sarabanda di corpi di una discoteca, si sieda immobile in poltrona a contemplare il muro...
Chi usa “piuttosto che” ad minchiam avvelena anche il tuo italiano: digli di smettere. Sono un esercito invisibile e sotterraneo. Molto tenace, ostinato. Hanno arruolato soldati dell’errore, anche fra i più insospettabili. Forse, a forza di ripeterlo, li prenderemo per sfinimento.
«…[…] Frequente è l’uso di “piuttosto che” erroneamente impiegato in luogo della disgiuntiva “o”, “oppure” (esempio di uso sbagliato: “puoi pagare come vuoi, in contanti, piuttosto che con assegno, piuttosto che tramite bonifico”). “Piuttosto che” ha valore di comparazione di preferenza e non di alternativa compatibile; se dico “il bambino mangia piuttosto carne che pesce” significa che preferisce la carne e non vorrebbe il pesce e non che mangia tanto l’una quanto l’altro…» (cit. “Grammatica dell’italiano adulto” – Vittorio Coletti – Il Mulino – 2015).
“Piuttosto che” non significa “oppure”; “piuttosto che” significa “invece di”, al “posto di”!!!
Morale: preferisco far la figura del tipo normale, piuttosto che quella dell’ignorante speciale.
Liberarsi per qualche attimo dal giogo opprimente che ci costringe a dovere per forza essere qualcuno o qualcosa; ecco cosa cerca soprattutto lo scrittore, nella scrittura: un oasi di "non-essere", una parentesi di sospensione dal reale, la libertà di sussistere nella multiforme potenzialità infinita dell'annullamento di sé...
Ciascuno ritorna con incredulo stupore al capitolo di memoria della propria fanciullezza, quando bastavano due bastoncini, un pezzetto di corda o qualche sasso, per giocare pomeriggi interi, immersi nel profondo di una fantasmagoria immaginativa senza limiti; lo scrittore non ha mai smarrito il contatto con quella lontana epoca dello spirito: i suoi bastoncini, o piccole funi, o sassetti, sono le parole...
Lo scrittore provò il primo desiderio di scrivere quando vide nelle parole una massa informe da plasmare: pur non sapendo bene il perché, quell'amalgama di materiale sparso gli trasmetteva irrequietezza, e desiderio di immergervi le mani fino al gomito, per estrarne forme, bestiole e folletti di senso...
Lo scrittore frequenta il paesaggio della scrittura per spezzare l'illusorio incantesimo secondo il quale ciascuno pensa di avere la giusta visione della vita e la vuole imporre agli altri: le parole scritte calano il lettore in una stanza di "specchi significanti", nella quale l'imperativo categorico a cui ci si deve attenere è uno solo: riflettere...
Una delle propensioni predilette dello scrittore, è addentrarsi nel territorio della follia, dalla quale ciascuno di noi è abitato: là, le cose non si stagliano nette nella granitica precisione del significare conscio, ma fluttuano tra le variabili del vero, in contraddittoria coabitazione...
Per lo scrittore, scrivere equivale a immolare il proprio "Io" sopra l'altare della parola: il rito di fusione fra scrittura e lettura introduce nel sacro recinto delle potenzialità infinite di significazione del mondo; la mano che scrive è al tempo stesso sacrificante e sacrificale, alla ricerca di quella dimensione di confine nella quale rimane in bilico l'eterno "me" immolato, cangiante nel "te" espiatorio...
Lo scrittore e il lettore non riusciranno mai a smettere di scrivere e di leggere, conseguentemente all'evidenza del fatto che scrittura e lettura sono due potentissime droghe in grado di causare il più intenso stato di indipendenza: unico caso al mondo in cui "assuefazione" riesce a vibrare in perfetta sintonia con "liberazione", "elevazione", "promozione", "emancipazione" "illuminazione"...
QUESTO BLOG E' FELICEMENTE IMMUNE DAL "PIUTTOSTO CHE"UTILIZZATO (SBAGLIANDO) COME SINONIMO DI "OPPURE"
Gemellaggi e altre Gillipixate...
Cari lettori di andarperpensieri,
Vi ricordo che quasi tutti i venerdì, questo mia variegata paginetta si gemella con il caro blog amico di Kika, la quale vi riveste con grande maestria i soggetti femminili di quadri storici, mentre il vecchio Gillipix indaga fra i volti della modernità, alla ricerca di insospettate somiglianze fisiognomiche. Tutto questo in:
«...Codesto solo oggi possiamo dirti,/ ciò che non siamo, ciò che non vogliamo...»
Montale (...E' u' Genio) ---
«Vivere? Lo facciano per noi i nostri domestici.»
Villiers De L'Isle Adam ---
«Come tutti gli scansafatiche, anche io volevo scrivere...».
Bruce Chatwin - "What am I doing here" --- «Tempo fa ero indeciso, ma ora non ne sono più così sicuro» Boscoe Pertwee - XVIII secolo
--- «Non mi sono mai pentito di essermi sempre pentito» - Gillipixel - XXI secolo
taccuino ritrovato 7
-
La mia generazione per lungo tempo se l’è dimenticato, ha volto lo sguardo
altrove disperatamente: la mia generazione nuotava nell’eroina e aveva una
bravu...
L'ISOLA DESERTA
-
Mi piacerebbe dire che la mia passione per le isole tropicali è iniziata in
un modo nobile, che so, leggendo L'isola del tesoro di Stevenson o
guardando i ...
Questione di etimologia
-
Aveva ragione Moretti, le parole sono importanti.
Molti dicono di no, che le parole sono solo una convenzione, che
l'importante è la sostanza.
La sostanz...
CONFITEOR #6
-
perché dove non arriva la sfiga...arrivo io!
Perché io lo so che la casa è lo specchio di chi la abita e che il nostro
pianeta è la più grande casa.
E a...
Confusion
-
Altri dubbi sulla tecnologia.
Se un Blogger non scrive per diverso tempo ,si deve capire che ha dei
motivi personali anche gravi di salute per non pot...
L'auto disciplina
-
E’ da un po’ che ci penso mentre osservo le persone , poche in verità,
andare in giro per le strade della mia cittadina. Qualcuno è avvolto in una
sciarp...
UNDICI
-
*Giovanni Segantini*,* L’angelo della vita*. Olio su tela. 1894. Galleria
d’Arte Moderna, Milano
11 come le parole piccine che ti sussurro all'orecchio a...
SUCCEDE A VALENZA MA RIGUARDA TUTTI
-
E' successo a Valenza.
Un uomo ha ucciso una donna.
Al solito parlano di raptus. Al solito parlano d'amore. Lo fanno i
giornalisti tentando di dare ...
Gelo
-
Buon anno nuovo a tutti.
Propositi del 1 gennaio: leggere e acquistare nuovi asciugamani.
Cose concretizzate il 2 gennaio: presi libri nuovi e asciugamani.
L...
Un saluto ad Andrea Camilleri
-
.
Non basta leggere, bisognerebbe anche capire.
Ma capire è un lusso che non tutti possono permettersi.
(da *Segnali di fumo*)
Collezionista
-
Quando ero piccola adoravo collezionare conchiglie.
I miei mi avevano regalato una piccola collezione e passavo pomeriggi
interi a fantasticare sulla lor...
SPELACCHIO
-
Il Vero, unico e solo spelacchio è Lui, tutto il resto sono misere
imitazioni:-) Chi meglio di Spelacchio rappresenta questo nostro tempo di
vita intensa f...
Comunicazione di servizio
-
Come avrete notato ormai da due anni e più il blog soffre. Scrivo poco, più
per dovere forse, e non mi sento stimolata.
Ho cercato un'altra modalità per rip...
L’UOMO RAGNO NERO
-
Ho a che fare quotidianamente con ragazzi immigrati perché insegno loro
l’italiano. Sono richiedenti asilo, rifugiati, in attesa di permesso di
soggiorno...
Our souls at night
-
Some books just happen with such an impeccable timing. I've hidden Our
souls at night by Kent Haruf in a corner of my mind for months and started
it when...
...disegni
-
"Cos'è disegnare? Come ci si arriva?
E' l'atto di aprirsi un passaggio attraverso un muro di ferro invisibile
che sembra trovarsi tra ciò che ci si sent...
TEMPI MODERNI
-
Qualche tempo fa è venuto nel mio studio un bimbo che voleva fare lezioni
di disegno, accompagnato dalla sorellina e dalla mamma.
G. ha otto anni e le...
UNA SERATA CON THE INVASION A FORLI’
-
Altro appuntamento con il nostro The Invasion – A Coypumentary sabato 8
ottobre a Forlì (FC), in via Hercolani 5, alle ore 19:30. “Nutrie: tutta
un’altra s...
Valentine Cats ♥
-
martha stewart
Oh ciao, rieccomi... Oggi con dei bei gatti valentiniani, domani finalmente
con un outfit veloce... e poi torno anche a dirvi tutto il res...
Rimpinzati, ma di baxciut saziami
-
La principessa *Galaeld* era ghiotta di *accorns*. Ne ordinò un quintale a
mastro *Eribowit*, il quale così la omaggiava, dall’ingresso della sua
botte...
PERDONATELA
-
In chat con V.
*"Ho mangiato quattordici Ferrero Rocher, ora che mi succede?"*
*"Come minimo passerai la nottata in bagno..."*
*"Cioè?"*
*"Ma come quattordic...
Perché è qui?
-
*Le parole sono tante, troppe, affollano il cervello, non vogliono uscire,
perché è qui? ti manca il tuo amore peloso, doveva essere una vacanza, solo
soff...
L’ameba mangia-cervello
-
Qui
http://lorologiaiomiope-national-geographic.blogautore.espresso.repubblica.it/
(uff, devo riuscire a scoprire come si fanno i redirect)
Privilegi
-
Non cè malumore al mondo che un paio di scarpe nuove non possano
cancellare. La percentuale di miglioramenteo è direttamente proporzionale
all'altezza del ...
Dell'educazione del pargolo italiano
-
Vado maturando il sospetto che tanti difetti dell'italiano medio nei suoi
rapporti con la politica abbiano la loro origine nella matrice educativa
ricevuta...
Lilith o Eva?
-
LILITH ED EVA
In principio Dio creò il cielo e la terra e poi Adamo ed Eva .eh no!Pare
che nella tradizione ebraica la prima donna di Adamo non fu Eva ma ...
Chiuso
-
Il 24 maggio di 3 anni fa, in una sera da nulla facenti, il mio amico maus
mi ha insegnato ad usare blogspot. E' cominciata lì questa avventura web.
Come t...
Open that damn car door, Harvey
-
[image: Image Hosted by ImageShack.us]
Io uso Second Life per fare quello che nella mia vita vera non posso
proprio: volare come un uccello, costruire edi...
La fine arrivò un venerdì mattina di fine gennaio.
-
Senza esplosioni o clamori. Così come arrivano le cose peggiori:
silenziosamente. La Nation Wide Bank smise semplicemente di rispondere alle
telefonate d...