"Un pensiero al giorno"
144 - "Marinità"
Anche se non lo faccio più da tantissimo tempo, mi è sempre piaciuto un sacco camminare sul bagnasciuga.
Non sono mai stato un gran tipo da mare. Forse da spiaggia sì, esistenzial-metaforicamente parlando. Ma da mare, no. Stare al sole, lì fermi per accogliere dal cielo la manna bronzea, non fa tanto per me. Per tenermi inchiodato su una sedia sdraio (pur sempre al riparo umbratile dell'ombrellone) ci sono solo due mezzi: o un bel libro, o una vicina di ombrellone calamitante a sufficienza.
Sotto l'ombrellone, con un libro in mano, si crea una sorta di cilindro spaziotemporale. Se la bellezza della storia ti prende molto, ti isoli da tutto il contesto, che non scompare tuttavia, ma diviene un sottofondo piacevole a rinforzo della sensazione di completezza fisica e intellettuale assaporata lungo le righe.
Una delle più belle esperienze che ricordi in tal senso, è la lettura di "1984" di George Orwell. La sedia a sdraio divenne un razzo interplanetario che mi trasportò lontanissimo. La risacca del mare, il più bel rombo di motori. Il vocio in secondo piano, asteroidi e stelle fuggenti che scorrevano fuori dagli oblò del mio velivolo immaginativo. D'altra parte, come non riconoscere la suggestione di una parentela fra l'andirivieni "bustrofedico" dell'occhio sulla pagina e l'eco lontana delle onde?
In alternativa, camminare sul bagnasciuga, da soli, conduce a esiti di "estraniazione integrante" molto simili. Gli altri non scompaiono, ma si sublimano in presenze lievi. Non importa se schiamazzano, scorrazzano, snuotazzano, levano schizzi. Tu passi e sei costantemente oltre. Quei chiassosi fantasmi fanno di volta in volta al massimo simpatia.
Il camminatore da bagnasciuga è un equilibrista fra due mondi. L'umano a sinistra, e il marino a destra (di ritorno alla tua spiaggia, scivolano poi uno di lato all'altro).
Si scorre lungo una tensione. La sabbia semi-indurita dal rifrangersi dell'acqua, offre un continuo invito al piede. La puoi marchiare meglio se accentui lo scarto con le dita, e ogni passo è una gommosità piacevole impressa dall'avanzata.
Il vento c'è quasi sempre, non può mancare. L'orizzonte vasto del blu spianato dà un altro elemento indispensabile alla sensazione di limite in atto. Una coda dell'occhio verso il mare ci parla di un tendere alla potenzialità. La coda opposta, verso riva, sa di concretezza del realizzato. E noi nel mezzo, minimali viaggiatori aperti a ogni possibile, ci gustiamo mille pensieri iodati, col cervello altrove mai così imbevuto di respiri puliti, che dentro ci rinnovano il nostro sé, a ogni nuovo ingresso di fiato in corpo.
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