martedì 29 dicembre 2015

Buon Anno (con “enne” a scelta)


Carissime amiche delle nutrie che van per pensieri (per oggi voglio usare il femminile come genere primario, inclusivo di tutti i generi), l’ultimo scrittino del 2015 (frasette dello scrittore a parte, che continueranno regolarmente imperterrite ancora per un po’) lo stilo in forma augurale affidandomi ancora una volta alla cara, vecchia e amata letteratura.

Vi riporto auguralmente due brani bellissimi, seppur agli antipodi in fatto di umore e atmosfere evocate. Il primo è il più puro condensato di pessimismo che forse avrete mai letto; il secondo è Grazia messa in parole. Ma entrambi, inopinatamente, non possono fare a meno di approdare nello stesso porto: quello della bellezza assoluta.

Il primo autore che chiamo in causa ha avuto da un certo punto di vista un curioso destino letterario. Nel senso che, per quanto si sia sforzato di esaltare e ricercare sempre “il nulla” e l’insensatezza del Tutto, è rimasto “fregato” dalla bellezza stessa della sua opera. Succede allora che ci racconti delle cose tremende, tristissime, al di là di ogni umana capacità di concepir mestizia. Ma il risultato è inaspettatamente vivificante, consolatorio, energizzante ed esaltante addirittura. Leggete per credere:

«…Tutto è male. Cioè tutto quello che è, è male; che ciascuna cosa esista è un male; ciascuna cosa esiste per fin di male; l’esistenza è un male e ordinata al male; il fine dell’universo è il male; l’ordine e lo stato, le leggi, l’andamento naturale dell’universo, non sono altro che male, né diretti ad altro che al male. Non v’è altro bene che il non essere: non v’ha altro di buono che quel che non è; le cose che non son cose: tutte le cose sono cattive. Il tutto esistente; il complesso dei tanti mondi che esistono; l’universo; non è che un neo, un bruscolo in metafisica. L’esistenza, per sua natura ed essenza propria e generale, è un’imperfezione, un’irregolarità, una mostruosità. Ma questa imperfezione è una piccolissima cosa, un vero neo, perché tutti i mondi che esistono, per quanti e quanto grandi che essi sieno, non essendo certamente infiniti né di numero né di grandezza, sono per conseguenza infintamente piccoli a paragone di ciò che l’universo potrebbe essere se fosse infinito; e il tutto esistente è infintamente piccolo a paragone della infinità vera, per così dire, del non esistente, del nulla…»

“Zibaldone di pensieri” (Aprile 1826) – Giacomo Leopardi

L’altro piccolo passo è una chiosa gentile, scritta a margine del primo incontro fra Giacobbe e la futura sposa Rachele:

«…Chi potrebbe scomporre l’armonico incontro di dolci e felici accordi con i quali la vita, mescolando qua e là elementi ereditari con qualche aggiunta assolutamente nuova e unica, crea la grazia di un volto umano? Incanto che si regge sul filo del rasoio, appeso, si vorrebbe quasi dire, sempre a un filo o a un capello, così che se anche un piccolo tratto, un minimo muscolo fosse disposto altrimenti, resterebbe ancora molto, ma svanirebbe l’insieme, l’apparizione che delizia e soggioga i cuori…».

“Giuseppe e i suoi fratelli – Parte prima: Le storie di Giacobbe” (1933) – Thomas Mann

Le stupende parole di Mann mi hanno suggerito una riflessione. Non molto originale, forse. Ma di sicuro in sintonia col clima “auguralizio” di questi giorni. Mi hanno fatto pensare che, in fondo in fondo, non abbiamo che “gli altri”, a questo mondo. Certo, la vita può riservare mille bellezze, originate dalle più svariate fonti. Ma tutto, alla fin fine, è da ricondurre agli altri. A volte ci stanno sui maroni; spesso sono degli scassaminchia inenarrabili; altre volte non ne vorremmo sapere più niente di loro (degli “altri”), per tutto l’oro della Terra. Però, il prodotto che deriva da questo frenetico invertire l’ordine dei fattori, è sempre lo stesso: nessuno può prescindere dagli altri. Non può evitare di specchiarcisi; non può fare a meno di cercare il loro appoggio, riconoscimento, affetto, vicinanza, calore.

«…L’inferno sono gli altri…», disse una volta Jean-Paul Sartre. Forse non aveva neanche tutti i torti. Però poi anche lui, per tutta la vita, quel calduccio infernale ha continuato a ricercarlo. Come facciamo tutti, d’altra parte. 

Insomma, per farla corta, per farla breve, mio caro oste pòrtace da bève, e tanti auguri di Buon Anno a tutti (con numero di “enne” a scelta). Fate l’amore il più possibile, con una donna, con un uomo, o anche da soli. Fatelo in senso letterale o metaforico. Fatelo con un libro, con un fiore, con un brandello di cielo azzurro. Immergetevi nell’amplesso cosmico che fonde insieme tutto quanto rechi su di sé la bellezza enigmatica degli “altri”.


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