lunedì 23 maggio 2016

"Un pensiero al giorno" 58 - "Grippaggi narrativi"

"Un pensiero al giorno"

58 - "Grippaggi narrativi"

La narratologia è un'interessante disciplina che si occupa di approfondire il perché e il percome si raccontano storie. Per dirla in modo più ortodosso: studia le strutture della narrazione.

Quando leggiamo un romanzo o un racconto, non ci riflettiamo molto, anzi, forse non ci riflettiamo affatto, ma c'è sempre un "punto di osservazione" a partire dal quale la voce narrante ci espone la sua sequela dei fatti raccontati.

Nella maggior parte dei casi si tratta di un "narratore omnisciente". Chi racconta sa tutto delle vicende in questione, a nostro beneficio. Sa cosa pensano i personaggi, sa ogni cosa del loro passato, sa cose dell'uno non note all'altro e viceversa, sa delle loro emozioni e sensazioni reciproche, anche quando tali dinamiche si dipanano all'insaputa vicendevole dei protagonisti stessi.

Si tratta di una posizione alquanto irrealistica e in un certo senso "superumana", al di là delle possibilità di una persona comune, ma la accettiamo come ingrediente indispensabile e corroborante dell'efficacia narrativa.

Riguardo a tale questione, mi sono accorto che "mutazioni genetiche" molto bizzarre sono state introdotte dai modi di raccontare connessi grosso modo ai cosiddetti "reality show".

Il programma tv a cui mi riferisco tratta di restauri di vecchie automobili. Da spettatore, l'ho sempre recepito con lo "spirito del resoconto di cronaca", nel senso che tutti i protagonisti coinvolti li intendevo come consapevoli del fatto di essere filmati e a conoscenza di tutto ciò che accade e di ogni cosa filmata. E invece, la cosa si è stranamente "sparigliata" in un recente episodio che ho visto.

Ci sono due personaggi principali, che si procurano l'auto da rimettere a nuovo e rivendere alla fine, e dirigono i lavori. Poi c'è una serie di meccanici e tecnici collaboratori. In una scena, sono presenti in officina solo uno dei due capi (quello più burbero) e la squadra di meccanici. Questi fanno un guaio cercando di avviare il motore, che scoppietta, sputa fumo biancastro e poi si spegne malamente. Il capo presente va su tutte le furie, offende il meccanico più esperto del gruppo, che per tutta risposta abbandona l'officina, giurando di non volerne più sapere.

Nel continuo del racconto, torna in scena l'altro capo (più ragionevole e diplomatico). Ha già saputo l'accaduto dai meccanici e si fa spiegare poi dall'irascibile cosa sia successo. Quest'ultimo (l'incazzoso) dà una versione un po' parziale dei fatti, al che l'altro (il mite) commenta: "...non so, io non c'ero e non posso sapere come sono andate le cose..." e aggiunge poi possibili soluzioni per rappacificare gli animi e uscire dall'impasse.

È a questo punto che ho sentito risuonare la stonatura narratologica.

Ma come? Non sai con sono andati i fatti? Ma se è tutto filmato e documentato da due o tre telecamere? Non potevi riguardarti le riprese per sapere per filo e per segno ogni screzio, sbraitata e reazione sguaiata?

Come spettatore mi sono sentito un po' spiazzato. Cosa devo fare, adesso, per le prossime puntate? Devo dare per assunto che i protagonisti sanno solo ciò che accade loro in prima persona, e "devono" ignorare il resto delle vicende, seppur filmate? Ma in questo modo, la cosa non risulta un po' controproducente ai fini dello scopo del programma, ossia lavorare tutti al meglio per rivendere alla fine l'auto restaurata? Non introduce un "aggravio" di ridicolo, tutto ciò?

Devo quindi concludere che in questo modo siamo passati dal narratore onnisciente, allo spettatore onni-coglionato?


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