"Un pensiero al giorno"
25 - "Ronfeo ergo sum"
Non si riflette forse mai abbastanza sui risvolti filosofici del dormire. Perlopiù si liquida superficialmente la "questione sonno" come una pratica da sbrigare, un'incombenza che ci tocca tutte le sere, per poter riconquistare la dignità di fronte alla luce del giorno a seguire.
Ma il sonno non è solo questione di riposo materiale. Nel sonno cerchiamo prima di tutto di fare un ritorno ciclico all'unità dell'essere, che giocoforza dobbiamo poi ri-abbandonare a ogni risveglio.
Quando ci addormentiamo, ci svestiamo dei panni da "individuo" e aneliamo ad inoltrarci nudi e indistinti nella totalità dell'essere.
La parola "individuo", se si risale alle sue radici significanti, indica lo stato di non ulteriore divisibilità: l'essere condotto a un punto in-divisibile, non divisibile oltre. L'individuo è come l'atomo dell'essere.
Voglio però giocare un po' con le parole e mi creo una mia etimologia fantastica (sottolineo a tre righe: si tratta di pura invenzione, al limite del non-senso, e mi prendo tutta la libertà immaginativa che voglio).
Dividendo la parola con diversa scansione rispetto a quella corretta, ne viene fuori un curioso "indi-viduo", che mi diverto a deformare ancor più in "indi-video".
Come si sa, "indi" significa "da quel momento", o anche "da quel luogo". Nella mia fantasiosa ipotesi etimologica, "indi-video" vuol dire allora "da quel momento" e "da quel luogo", "io vedo".
Se lo stato di veglia lo affrontiamo da individuo, ne consegue che nel sonno ciascuno è "ubiquividuo", "utopividuo", ucronividuo", "onnividuo", "multividuo".
Ecco allora come ci si svela tutta la bellezza del dormire, che è un vedere a partire da nessun "quando" e da nessun "dove" particolari. Un vedere, di conseguenza, da tutti i luoghi e da tutti i tempi possibili.
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