"Un pensiero al giorno"
38 - "A spasso col gran vagabondo"
Amo la musica di tante band e cantanti vari, ma i Supertramp sono colorati di sfumature speciali. Dalle loro note trapela un delicato snobismo esistenziale, che risuona nell'aria con gran profluvio di barbe e zazzere indisciplinate. Grossi occhialoni da miope poggiano sul trampolino di spericolati nasi aquilini, che fanno da rampa di lancio per una abilità polistrumentistica insaporita con vocalizzi di acrobatismo androgino. Le parole che cantano sono raffinate, esprimono un'ironia un po' tormentata, oppure, se si vuole, un travaglio sempre preso con lieve disincanto giocoso.
I Supertramp sono inglesi, ma hanno un'aria americana. Sono come il secchione che andava bene a scuola, però nelle graduatorie d'amicizia in classe si piazzava sempre a fondo classifica. Quando invitava tutti a casa per la festa di compleanno, nessuno si presentava, tranne altri tre amici poco quotati: il secco occhialuto dalla vacua parlantina irrefrenabile, la ragazzina non molto bella ma simpaticissima, e il cicciotto giocherellone che si faceva una gran scorpacciata di tartine e pasticcini.
Le canzoni dei Supertramp sono come un bosco cittadino. A ogni angolo puoi aspettarti che sbuchi un'invenzione fatta di suono, un fischio esplosivo, una sfuriata di sax. Solo loro avrebbero potuto scrivere una canzone "logica" o invitarti a prendere un jumbo per attraversare l'acqua e far colazione in America. Si lamentano sempre un po', come per il fatto che "...il lunedì è tornato ancora fra i piedi, nel solito vecchio posto, con le solite vecchie facce che mi guardano...diamanti, è ciò che mi serve davvero, rapinare un negozio, fregare la legge e andare a vivere in Italia...". E se avessero saputo che a invertire i fattori il risultato si sarebbe ottenuto meglio, forse l'avrebbero fatto davvero.
Ma poi magari il massimo che fanno è uscire con gli amici, per un giro al negozio di libri, a vedere se sugli scaffali di filosofia c'è una nuova edizione con dentro qualche risposta in più. La risposta che forse avrebbero potuto trovare mettendosi insieme con la più carina della scuola. Ma lei passava sempre luminosa e inarrivabile in mezzo al corridoio durante l'intervallo, fra due ali di palle degli occhi che si fendevano a metà come le acque del mar Rosso, rimbalzando di desidero diffuso su tutto pavimento. E sfiorando col suo profumo il naso del nerd gran vagabondo, quasi sembrava sussurrargli: "...Arrivederci straniero, è stato bello, spero tu trovi il tuo paradiso...".
E intanto fuori, naturalmente, sta piovendo ancora.
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