PARTE PRIMA: “pornografia narrativa”
Chiunque si metta a scrivere, in qualsiasi genere di scrittura si avventuri, trova sul proprio cammino un tipo di insidia molto pernicioso. La cosa vale soprattutto per i racconti di natura romanzesca, costruiti intorno a una propria “finzione drammaturgica” autonoma. Ma il discorso non cambia nemmeno nel caso di ogni altra categoria dello scrivere: saggistica, giornalismo, genere favolistico, poesia…tutto, insomma.
Con triplice metafora, definirei questo pericolo, rispettivamente come “pornografia narrativa” (traslando l’immagine dal mondo del cinema), oppure come “ipocrisia pubblicitaria” (dal mondo della tv), o ancora come “incoerenza strutturale” (dal mondo dell’architettura).
Oggi cerco di spiegare cosa intendo con la prima metafora: “pornografia narrativa”.
Cosa succede nei film porno? Lo scopo unico del meccanismo “creativo” messo in atto è arrivare a mostrare esplicitamente l’atto sessuale, in tutte le possibili variazioni sul tema. Il 99% delle volte ne consegue una falsatura del reale molto stonata. Dovrebbe essere questa falsatura, a mio avviso, il vero motivo di scandalo, in questo genere di “creazione cinematografica”. Ancor prima del fatto che si mettano in mostra gli organi sessuali, i quali di per se stessi, se visti nella loro semplice naturalezza, non hanno nulla di osceno.
In questo genere di “mimesi filmica”, il vero scandalo è dato dal modo in cui la vita, (costituita innanzitutto da componenti qualitative), viene appiattita sul suo dato quantitativo. Con rispetto parlando per la matematica (molto spesso assai più elettrizzante e seducente di un film porno), si rende banale e freddamente “matematico”, ciò che in realtà è legato a una delle dimensioni della vita più misteriose, insondabili, arcane e sotterraneamente fascinose: quella dell’erotismo e della “sensua-sessua-lità”. La rozza equazione “più ti faccio vedere, più ti devi eccitare”, alla lunga si rivela un meccanismo vuoto, perché il mistero erotico è talmente inafferrabile e complesso, da far risultare questa scialba riduzione nient’altro che un ozioso insulto alla verità delle cose.
Ebbene, esiste un modo di scrivere che fa la stessa cosa dei film porno. Parlo sempre in senso metaforico, naturalmente. Non mi riferisco a chi si metta a scrivere proprio di erotismo e simili (quello sarebbe un altro discorso). Chi scrive cadendo nella “trappola pornografica” (anche parlando di una semplice giornata di sole in campagna), usa la scrittura imbrogliando il lettore. Gioca con carte false. Tradisce il patto di sincerità che dovrebbe sempre tenere in costante comunicazione la mano di chi scrive con gli occhi di chi legge.
Tra scrittore e lettore viene stipulato sin dalla prima parola un “accordo di verità”. Non importa poi quanto inverosimili o fantastici potranno anche essere i fatti narrati, o le argomentazioni esposte. Quel che conta è che essi siano fedeli a una forma di “coerenza rispettosa”, nei confronti della “effettività” dell’essere e dell’esistere.
Faccio un esempio, credo il più “estremo” possibile. Forse non c’è nulla di più irrealistico delle storie dei super eroi. Eppure esse funzionano, e sono oneste nei riguardi del lettore-spettatore, perché la motivazione intima di quelle storie parte da un sentimento effettivo, da tutti condiviso: ossia il desiderio di superamento dei limiti umani, unito alla frustrazione per il senso di finitezza vissuto da chiunque in tante circostanze reali. In quel tipo di scrittura, che si sparino balle grosse come case, fa parte del “contratto” fra narrante e lettore: ma conta soprattutto che sotto a quella roba lì, ci scorra vita vera. Non a caso, un simile meccanismo narrativo è antico come il mondo, e sta alla base di ogni mitologia del passato (esempio più eclatante: gli Dei greci), del presente e del futuro.
Un’altra volta, proverò a spiegare cosa intendo per “ipocrisia pubblicitaria”, vista entro i termini dell’atto della scrittura.
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